Le stelle in tasca
Una selezione dell’autobiografia di Antonino Maria Santi Valastro “Attraversando la semplicità” Laboratorio cittadino di scritture autobiografiche 1a edizione 2006-2007
Scritture solidali
Scritture autobiografiche di redenzione e rinascita che mettono in luce sentimenti di solidarietà verso sé stessi, gli altri e il mondo, e sollecitano un’autentica solidarietà fra le lettrici e i lettori.
Archivio della memoria e dell’immaginario siciliano
Ateliers dell’immaginario autobiografico © OdV Le Stelle in Tasca
Le stelle in tasca
Antonino Maria Santi Valastro
Ho letto Antonino
Pino Roveredo (Premio Campiello 2005)
Ho letto Antonino con gli sguardi del cuore, quelli che sono allergici alle banalità e alle superficialità senz’anima, e per vivere, sono condannati a riempirsi il sapere con i morsi vivi della verità.
Ho letto Antonino, camminandogli dentro, e spesso… inciampando sui miei stessi inciampi, sulle mie stesse capriole, e su quella stessa malinconia angosciante che, con la forza dei prepotenti, ti dipinge e costringe la fatica della vita.
Ho letto Antonino, rammentando tutti i miei viaggi a vuoto, i miei treni persi, e quegli eterni saluti da spettatore che sospiravano sulle partenze altrui e ogni volta giuravano a santi senza cielo di cambiarsi la vita.
Ho letto, respirato, mangiato, bevuto Antonino, e lo stomaco ha protestato il dolore del cazzotto, e aggrappandosi alla carezza, ha poi scongiurato il riposo di una buona, discreta, almeno sopportabile salute.
Ho letto Antonino, e la commozione e l’emozione hanno reclamato dal petto l’urgenza del pianto, e per salvarmi, coi muscoli della sopravvivenza ho rovistato nell’affetto e ho afferrato la voglia assoluta di un abbraccio.
Ho smesso di leggere Antonino, e ho chiuso i suoi occhi nei miei occhi, e nel buio dove gira la rinascita, ho esaudito il piacere di abbracciarla.
Tanto bene… Antonino.
Le stelle in tasca
Antonino Maria Santi Valastro
L’amore che si prova per il mare s’impara da piccoli, quest’amore si riversa nelle cose più banali che appartengono al mare, come può essere il traghettare da un posto ad un altro.
Ho preso il traghetto anche in altre occasioni, per esempio, quando andai a fare il servizio di leva, ed anche stavolta, lui, come una mamma, mi cullava tra le onde, ed io mi sentivo grande, anzi grandissimo, credendo di trovare chissà quali miraggi in una semplice caserma di soldati. Fantasticavo cullato dal traghetto su come poteva essere la vita di caserma: felice, spensierata, serena, avventurosa, ma in quello stesso traghetto, nella via del ritorno a casa per la licenza militare, mi prendeva una delusione tremenda per quella vita militare che non era come io avevo sognato, anzi, tutto il contrario, assolutamente inutile, disonesta e disgustosa.
Il traghetto che attraversa lo stretto di Messina non è stato il solo traghetto della mia vita, ho avuto anche un altro compagno come traghetto, quello che attraversa l’acqua dalla terra ferma di una sponda del Portogallo alla città di Lisbona, lo avevo preso diverse volte per recarmi in quella città.
Capitava che traghettassi col buio ed era un’esperienza favolosa vedere, col traghetto in viaggio, tutto il paesaggio oltre il mare illuminato da centinaia di luci, luci che sembrava mi chiamassero e mi dicevano che cosa aspetti? Affrettati a raggiungerci, noi seguiremo il tuo cammino finché non sarà giorno, ti accompagneremo lungo la strada, ti faremo compagnia affinché tu non ti senta più solo, illumineremo la strada solo per te, per te solamente.
Il mare col buio s’increspava nella traversata del traghetto, si agitava, si divincolava, le sue onde andavano a sbattere nel traghetto dando un senso di trepidazione ed io ero sicuro che quel mare sarebbe rimasto lì ad attendere il mio ritorno, ad attendere per chissà quanto tempo, ma avrebbe atteso solo il mio ritorno, avrebbe atteso con ansia e anche con un po’ di preoccupazione che io lo raggiungessi nuovamente per ritrovarci di nuovo insieme, di nuovo uniti con tante cose da raccontarci, un appuntamento lontano o vicino nel tempo al quale non potevo mancare, al quale non potevo e non volevo rinunciare.